Il codice penale, all’art. 677 terzo comma, prevede la pena dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda non inferiore a € 309,00 per il proprietario o per la persona obbligata alla conservazione e alla vigilanza di un edificio che minacci rovina, qualora ne derivi pericolo per le persone, se ometta di far mettere in sicurezza lo stabile. In caso di successivo crollo causato da colui che era obbligato ad evitarlo, il codice penale prevede poi, all’articolo 589 c.p. la pena della reclusione da sei mesi a cinque anni per colui che, con la predetta omissione, cagioni la morte di qualcuno ed all’articolo 590 c.p. la multa da € 258,00 ad € 2.582,00, per colui che, con la predetta omissione, cagioni ad un soggetto lesioni lievi o gravi, e la multa da € 258,00 ad € 2.582,00 o la pena della permanenza domiciliare da sei a trenta giorni o ancora la pena del lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a tre mesi, per colui che, con la predetta omissione, cagioni ad un soggetto lesioni gravissime.
Oltre chiaramente, in tutti i casi sopra descritti, l’obbligo per il responsabile del risarcimento danni a favore del danneggiato o dei suoi eredi. Per quanto riguarda i condomìni, la giurisprudenza ritiene responsabili gli amministratori di questi per quanto riguarda le parti comuni dell’edificio, mentre, per le parti relative alle proprietà esclusive o concesse in usufrutto o con diritto di abitazione e di uso, sono i soggetti titolari di tali diritti reali ad essere gravati di responsabilità.
Per stabilire su chi gravi la responsabilità, bisogna quindi avere riguardo alla titolarità della proprietà o di altro diritto reale di godimento della parte di edificio che minaccia rovina o che poi crolli. Se essa appartiene in comunione a tutti i condòmini, la responsabilità ricadrà sull’amministratore. Qualora, invece, titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento della parte in questione sia un condomino in via esclusiva, la responsabilità penale sarà di questi.
Pertanto, nel caso dei balconi aggettanti, i quali, “costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa” sarà responsabile della loro minacciata rovina e dell’eventuale crollo il proprietario o il titolare di altro diritto reale di questi, a meno che non minaccino rovina e poi crollino “i rivestimenti e gli elementi della parte frontale e di quella inferiore” dei balconi “che si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole” (Cass. civ. Sez. II, n. 1990 del 02/02/2016).
Solo in questo ultimo caso sarà responsabile l’amministratore condominiale, il quale “riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., in virtù del quale su costui ricade l’obbligo di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzione ordinaria e straordinaria, predisponendo, nei tempi necessari alla loro concreta realizzazione, le cautele più idonee a prevenire la specifica situazione di pericolo” (Cass. pen. Sez. IV n. 46385 del 23/10/2015). Per evitare l’incolpazione penale, l’amministratore dovrà dimostrare che l’accaduto è riconducibile a cause completamente estranee alla sua volontà, come “nel caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo”. In questo caso, infatti, la responsabilità penale ricadrà su ogni singolo condomino sul quale incombe “l’obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall’attribuibilità al medesimo dell’origine della stessa”. (Cass. pen. Sez. I, 10/02/2009 n. 21401). Lo scrivente, comunque, vista la possibile interpretabilità da parte del Giudice di caso a caso, consiglia, allo stato, sia al condomino, che all’amministratore condominiale di attivarsi per evitare il crollo di un balcone in aggetto.